Home Attualità La reputazione aziendale? Passa dalla visibilità del Ceo

La reputazione aziendale? Passa dalla visibilità del Ceo

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Roma, 17 apr. (Labitalia) – Engagement e visibilità dei Ceo sono elementi cruciali per la reputazione di un’azienda. A pensarla così è l’81% dei senior executive a livello mondiale, secondo una ricerca realizzata da Weber Shandwick insieme a Krc Research, ‘The Ceo Reputation Premium: Gaining Advantage in the Engagement Era’, condotta attraverso un sondaggio online somministrato a più di 1.700 senior executive in 19 Paesi fra Nord America, Europa, Asia Pacifica e America Latina. Questo nuovo modello di costruzione della reputazione per i Ceo è sostenuto dalla crescente domanda di contenuti e dalle numerose piattaforme con cui oggi, nell’era digitale, i leader aziendali possono coinvolgere i propri stakeholder.
“Anni fa, i Ceo e le persone a loro vicine confondevano il concetto di visibilità con quello di celebrità. Oggi ciò che può essere costruito attraverso molteplici canali, che sono in grado di portare valore aggiunto all’interno e all’esterno dell’organizzazione, non è più la celebrità ma piuttosto la credibilità del Ceo. Oggi la visibilità di un Ceo si traduce in una presenza più pervasiva, con scopi più ambiziosi e con diverse modalità”, ha affermato Leslie Gaines-Ross, responsabile di Weber Shandwick per la strategia in ambito reputazionale.
È innegabile, quindi, che la reputazione del Ceo sia fondamentale per il successo di un’organizzazione e rappresenti anche uno degli asset competitivi e di maggiore valore. Gli executive a livello mondiale che hanno partecipato al sondaggio concordano: in media essi attribuiscono circa la metà (il 45%) della reputazione dell’azienda per cui lavorano proprio alla reputazione del Ceo. Questa stretta connessione fra reputazione del Ceo e dell’azienda è destinata a rafforzarsi, dal momento che il 50% degli intervistati si aspetta che nei prossimi cinque anni la reputazione dei Ceo inizierà a impattare sempre di più sulla reputazione aziendale.
La reputazione del Ceo ha anche altri effetti: gli executive sono convinti che il 44% del valore di mercato della propria azienda sia attribuibile proprio alla reputazione del Ceo. Inoltre, una forte reputazione del Ceo è in grado di attrarre e trattenere i dipendenti (rispettivamente per il 77% e il 70% dei manager intervistati). “I modi con cui le persone si sentono coinvolti dalle aziende, dai brand e dai prodotti – ha sottolineato Greg Prager, presidente della Corporate Practice di Weber Shandwick in Emea – continua a evolversi. La nostra ricerca ha mostrato come, in questa nuova era dell’engagement, il Ceo che è in grado di personalizzare e tenere viva la storia aziendale è anche colui che crea e sostiene la reputazione aziendale”.
Nonostante la crescita dell’importanza della reputazione del Ceo, la sua costruzione non passa attraverso l’esaltazione della personalità individuale o la celebrità. E’ piuttosto vero il contrario. Infatti, una ricerca effettuata da Weber Shandwick sui media ha evidenziato come il 2014 sia stato un anno record per il coverage media attribuibile a Ceo che rientrano nella categoria dei leader ‘umili’. “L’umiltà è la vera novità che caratterizza oggi la categoria dei chief executive”, ha detto Leslie Gaines-Ross. Dall’indagine Weber Shandwick sulla reputazione dei Ceo è emerso che gli executive che hanno un Ceo che gode di alta considerazione e ne hanno evidenziato l”umiltà’ sono circa sei volte più numerosi di quelli che hanno un Ceo che gode di minore considerazione (34% contro il 6%).
“La reputazione di un’organizzazione è rappresentata non solo dagli asset scritti in bilancio, ma anche da un sistema valoriale sempre più determinato da asset intangibili che però concorrono a determinarne il valore di mercato. E fra questi assolutamente prioritario è la qualità percepita del management. Trasparenza, fiducia e reputazione sono legate in gran parte alla capacità di comunicare i valori di riferimento e quando è il caso gli errori compiuti”, ha affermato Furio Garbagnati, Ceo di Weber Shandwick Italia.
C’è una forte correlazione fra reputazione e attività di relazioni esterne. Ai Ceo che godono di grande ammirazione è attribuita maggiormente la capacità di conquistare il proprio pubblico, diversamente dai Ceo meno ammirati (rispettivamente il 50% contro il 13%). E’ stata posta questa domanda: quali fra le tante piattaforme a disposizione oggi sono più strategiche per i Ceo in considerazione del fatto che il loro tempo è limitato e che essi hanno una chiara predisposizione avversa al rischio?
A questa domanda la maggioranza degli executive a livello globale (82%) ha affermato che il public speaking è la modalità di engagement più efficace per i Ceo nei confronti di stakeholder esterni. Ci sono però molte altre importanti responsabilità per i Ceo sul fronte esterno. In relazione alla crescente domanda di Ceo che siano capaci di raccontare la mission della propria azienda e quello in cui credono, si evidenzia che esiste una enorme varierà di attività e modalità di comunicazione possibili, che offrono al Ceo una molteplicità di opzioni strategiche da valorizzare.
La ricerca ha, poi, messo in luce molte differenze tra le diverse regioni del mondo. Gli executive nordamericani percepiscono i propri leader come comunicatori più efficaci, sia verso l’azienda e i dipendenti sia verso stakeholder esterni, rispetto a Ceo europei, dell’Asia Pacifica e dell’America Latina. Gli executive nordamericani sono più propensi degli altri a affermare che i propri Ceo sono a proprio agio nel parlare con la stampa. Altri Paesi tuttavia sono pronti a tenere lo stesso passo: quattro executive su 10 in Europa (41%) e circa la metà dell’area Asia Pacifica (49%) e dell’America Latina (49%) sostengono che i loro Ceo sono più disponibili a parlare con la stampa oggi di quanto non lo fossero alcuni anni fa. Gli executive canadesi sono i più inclini a sostenere che le loro aziende godono di una forte reputazione (63%), gli indonesiani e i cinesi sono particolarmente ottimisti sul fatto che la reputazione del Ceo crescerà di importanza nel prossimi anni (rispettivamente 87% e 79%).