Home Attualità Il Ministro Corrado Clini: ‘Occorre cambiare le regole il clima è camb

Il Ministro Corrado Clini: ‘Occorre cambiare le regole il clima è camb

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Al Forum di Arezzo ha portato il suo saluto il ministro dell'Ambiente che ha sottolineato l'urgenza di aggiornare la mappa di tollerabilità del territorio, concentrare le risorse per la prevenzione e svuotare le zone più esposte, senza dimenticare come le politiche per la sicurezza dell'ambiente e quelle per la salute devono procedere di pari passo.

Durante la seconda giornata del Forum Risk Management di Arezzo ha voluto portare il suo saluto il neo ministro dell'Ambiente, Corrado Clini. La prima parte dell'intervento non poteva che essere dedicata alle terribili ondate di maltempo che hanno recentemente travolto l'Italia da nord a sud, non ultime quelle che hanno colpito la provincia di Messina e che hanno causato 4 morti.
“L'evento di Messina – ha detto il ministro – ha messo ancora una volta in evidenza come i fattori di rischio per la popolazione dovuti al clima sono rilevanti ed è per questo che occorre concentrare le risorse per fare prevenzione, ovvero per intervenire sui fattori che nel suolo possono diventare causa dei disastri anche perché questi eventi rischiano di far tornare attuali anche epidemie e malattie infettive che pensavamo essere scomparse dal nostro territorio”.

Il ministro ha poi indicato i principali fattori sui cui si dovrà intervenire. In primis Clini ha spiegato che bisogna cambiare l'approccio e le regole perché “i dati storici sul clima su cui ci siamo basati fino ad oggi non sono più attuali perché quelli che prefiguravano una certa intensità di pioggia e frequenza di eventi climatici estremi ora sono cambiati. Quaranta anni fa avevamo disegnato sistemi fognari sulla base di un certo regime di pioggia ma ora dobbiamo ripensarli perché il regime è cambiato”. Il Ministro è poi andato sullo specifico. “Occorre intervenire sui corsi d'acqua e iniziare a considerare la possibilità che zone esposte vengano svuotate da attività produttive e residenziali perché il prezzo che si paga non facendo nulla è alto e dobbiamo quindi pensare che alcune attività consolidate debbano essere spostate da alcuni siti”. Per Clini la questione è urgente perché “siamo in una situazione climatica nuova e dobbiamo sapere che gran parte del nostro territorio è vulnerabile e ha bisogno di un lavoro di manutenzione e gestione”. Clini ha poi parlato delle prospettive e anche delle norme. “Per proteggere la popolazione serve aumentare l'assorbimento d'acqua dei suoli, soprattutto nei centri urbani ampiamente cementificati. Non è una cosa da poco ma va fatta per tutelare i cittadini ma pure il nostro territorio che rappresenta un volano fondamentale della nostra economia”. Non solo interventi nelle aree urbane. Clini ha sottolineato l'importanza di “implementare le superfici di boschi e foreste”. Poi un accenno alle norme italiane sull'ambiente. “Abbiamo norme severe ma spesso sono difficilmente applicabili. Gli strumenti ci sono ma stiamo cercando di avere norme che possano anche essere usate nella pratica”. Infine il ministro ha sottolineato come sia necessario ragionare anche “sul rafforzamento delle capacità dell'individuo di difendersi dai rischi”.

Lo studio presentato dal Ministro. Numerosi sono gli studi epidemiologici sui residenti in aree a elevato rischio di crisi ambientale e considerate, con modalità diverse, ad alta pressione ambientale.
Data la mole di studi epidemiologici svolti in tali aree, è opportuno valutare l’entità del problema in termini di salute pubblica e le strategie poste in opera per ottenere adeguate conoscenze sullo stato di salute delle popolazioni.
Recentemente in tre giornate di lavoro, dall’11 al 13 aprile 2011, sono stati presentati e discussi i risultati più significativi dello Studio Nazionale Territori e Insediamenti Esposti a Rischio, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità.
Questo studio, condotto tra il 2007 e il 2010 ha analizzato la mortalità della popolazione residente in 44 siti di interesse nazionale in un periodo di otto anni. La popolazione studiata è di circa 6 milioni di abitanti residenti in 298 comuni e sono state prese in considerazione 63 cause di morte su circa 400.000 decessi relativi.
Il dato interessante, dal punto di vista scientifico è che è presente una grande variabilità fra i siti in esame per dimensioni della popolazione, caratteristiche della contaminazione ambientale, presenza di specifici poli produttivi e altre fonti di pressione ambientale, stato di avanzamento degli interventi di bonifica e risanamento industriale e anche il quadro di mortalità è diversificato.

In altri casi si osservano incrementi della mortalità per cause per le quali il nesso causale con l’inquinamento ambientale è sospettato ma non accertato, ad esempio il tumore polmonare nella popolazione residente in siti contaminati da poli siderurgici e petrolchimici o siti di smaltimento illegale di rifiuti pericolosi. In altri siti presi in esame la mortalità osservata è inferiore all’attesa, il che può riflettere la risultante di un quadro di partenza favorevole, di una contaminazione ambientale che non si è tradotta in esposizione della popolazione ad agenti tossici tale da determinare un danno alla salute, di un buon avanzamento delle opere di bonifica e/o di riconversione industriale, con attività a minore impatto ambientale, o di definitiva dismissione dell’attività industriale stessa.

In conclusione lo studio mostra che lo stato di salute delle popolazione residente in alcuni siti esaminati appare risentire di effetti avversi più marcati rispetto alle regioni di appartenenza, e in questi contesti, il profilo sanitario che emerge presenta criticità che contribuiscono a identificare le azioni più urgenti a tutela della salute delle popolazioni

Merita di essere menzionata un’altra indagine, coordinata dall’OMS con la partecipazione di ISS, CNR, Dipartimento della protezione civile, ARPA e OER che riguarda l’impatto sanitario del ciclo dei rifiuti nelle province di Napoli e Caserta, per un totale di 196 comuni. L’analisi dei dati comunali di mortalità ha identificato un’area di 24 comuni, a cavallo delle due province, in cui si ha un maggior numero di incrementi del tasso di mortalità e di prevalenza di malformazioni congenite. L’area corrisponde a quella maggiormente interessa la correlazione tra condizioni ambientali e stato di salute

Occorre tuttavia rilevare come gli studi effettuati siano analisi geografiche di mortalità che hanno utilizzato le popolazioni residenti nei comuni come unità di studio (studi ecologici). Un loro limite è la carenza della caratterizzazione dell’esposizione individuale, e spesso di misure di qualsiasi genere dell’inquinamento dell’ambiente generale dalle quali estrapolare una stima individuale.