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‘Luomo che andava a Teatro’ con Roberto Scarpa

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‘Luomo che andava a Teatro’ con Roberto Scarpa

AREZZO – “Niente oggi ci è lontano come il teatro”. Così esordisce Roberto Scarpa nel presentare il suo libro “L'uomo che andava a teatro”, il libro scelto per concludere gli appuntamenti con l'iniziativa “Libri all'ora del tè” in programma alla Sala Conferenze Biblioteca Città di Arezzo, un'occasione nata lo scorso febbraio che ha visto protagonisti autori e attori che hanno intrattenuto il pubblico sorseggiando tè e chiacchierando di libri. Venerdì 21 maggio, alle ore 18,15 (ingresso gratuito) il libro di Roberto Scarpa sarà letto, alla presenza dell'autore, dagli attori Francesca Barbagli e Andrea Biagiotti. Immaginiamo di metterci nei panni di uno spettatore che va a teatro e di venire accompagnati dalla Memoria in questa esperienza fantastica. Lei ci guida alla scoperta del teatro, ci aiuta a trovare la verità, ci insegna che il prerequisito indispensabile per la definizione di umanità è la coscienza e che tale condizione è talmente forte da spingerci ad indagare: il teatro ne è l’enigma per eccellenza. Ecco perché il teatro era stato inventato: per tradurre in esperienza collettiva una condizione esistenziale. L’io narrante è Roberto Scarpa, attore, drammaturgo, pedagogo e saggista (è lui che ha ideato “Prima del teatro” la scuola europea di Pisa e “Fare Teatro”, programma di educazione teatrale per giovani e scuole). Le pagine raccolte in questo saggio-racconto sono il tentativo di trovare risposta, in chiave originale e coinvolgente, ai perché del teatro, rivolgendosi soprattutto alle nuove generazioni che, come il figlio dell’autore, ne sono completamente distanti e disinteressate. Il protagonista del viaggio è proprio lui: uno spettatore. Ma che tipo di spettatore? Memoria ci viene in soccorso, parlando di una scuola filosofica indiana secondo la quale noi saremmo spettatori e non attori della nostra vita. Secondo questa prospettiva, identificandoci con ciò che vediamo, ovvero attori e spettatori della nostra esistenza, ci sembra di avere un gemello che ci accompagna ovunque, come un fantasma. “Ogni spettatore lo è, prima di tutto, di se stesso: si guarda dunque è. Ognuno finge di essere se stesso”. Ecco perché l’autore arriva ad affermare che a teatro si è sempre protagonisti, in entrambi i ruoli: perché tra attore e spettatore c’è un flusso continuo di comunicazione, entrambi sanno di aver bisogno dell’altro e che devono aiutarsi. Una responsabilità, quella dello spettatore, che mette in primo piano l’atteggiamento di chi assiste ad una rappresentazione, sdoganando la concezione di una platea passiva; l’autore arriva a dire che “il teatro costringe gli spettatori ad essere poeti”, a essere parte attiva della scena, a passare dal sentire all’ascoltare. Ad arricchire le pagine di un racconto di per sé entusiasmante, sono i raffinati riferimenti della letteratura teatrale, da Amleto a Edipo Re, passando per Pirandello, a cui Scarpa dedica parole di stima ancora attuali: “Grazie a lui era ancora possibile immaginare un’altra idea di teatro e democrazia. Un’assemblea in grado di chiedersi se avere ragione è davvero la cosa più importante; capace di ammettere che le sue decisioni sembrano, non sono giuste”.