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‘Il Vantone’ in scena al Teatro Dovizi di Bibbiena

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‘Il Vantone’ in scena al Teatro Dovizi di Bibbiena

BIBBIENA – “Un’altra strada che mi si è aperta è quella del teatro: cioè ad un certo momento ho pensato che di tutti i mezzi di massa, l’unico che non avrebbe mai potuto essere tale era il teatro, perché il teatro non si può riprodurre in serie…. ogni sera questo rito si riproduce nella sua fisicità cioè nella sua verginità. E per quanto grande sia il numero degli spettatori, questo numero non va mai a coincidere con quel numero x che è la massa…questo teatro sarebbe stato… un atto di protesta attiva, dinamica, contro la cultura di massa” (Pier Paolo Pasolini – Appunti per la regia)

Al teatro Pasolini si avvicina con la sua versione del celebre Miles Gloriosus creando qualcosa di più di una semplice traduzione: il suo è un rifacimento che attualizza l’universo plautino, traslando il contesto più che la parola del grande commediografo. “Il Vantone”, che va in scena mercoledì 20 gennaio, alle ore 21,30 al Teatro Dovizi di Bibbiena, racconta la Roma dei raggiri, delle truffe, degli espedienti per sopravvivere, della lotta per riuscire a mangiare, dell’eterna lotta tra padrone e servo, o meglio tra signori e morti di fame… È la Roma di borgata, Pietralata o il Prenestino, dove “la gente viveva nelle baracche- tuguri costruite sulla polvere brecciolosa e sparsa di sporcizie e di rifiuti (…) con “intorno zella e sole, sole e zella (…), come una specie di città indigena con un odore così forte di merda di fogna che accorava…” È la Roma allegra del mascherino (garzone del fornaio) che “una volta era sempre, eternamente allegro: un’allegria vera che gli sprizzava dagli occhi. Se ne andava in giro per le strade fischiettando e lanciando motti. La sua vitalità era irresistibile. Era vestito molto poveramente: i calzoni rattoppati e addirittura spesse volte la camicetta uno straccio. Però tutto ciò faceva parte di un modello che nella sua borgata aveva un valore, un senso. Ed egli ne era fiero. Al mondo della ricchezza egli aveva da opporre un altro mondo altrettanto valido. Giungeva nella casa del ricco con un sorriso naturaliter anarchico che screditava tutto…(…) È la Roma degli sbruffoni, dei raccontaballe, dei vantoni da bar che raccontano mirabolanti avventure prendendo spunto da piccoli episodi a volte pure inventati, di “quelli che se credeno capoccia, e a casa la moje je spacca la capoccia”….. È la Roma musicale del dialetto, delle canzoni popolari romanesche, la Roma dei cantanti e dei compositori romani, la Roma degli stornelli e degli stornellatori alla maniera del Sor Capanna…… “ E soprattutto è la Roma dell'avanspettacolo negli anni del dopoguerra “Qualcosa di vagamente analogo al teatro di Plauto, di così sanguignamente plebeo, capace di dar luogo ad uno scambio altrettanto intenso, ammiccante e dialogante, fra testo e pubblico”.
Protagonista Roberto Valerio, formatosi all’Accademia Silvio D’Amico di Roma, attivo nel teatro di prosa sia come interprete – diretto tra gli altri da Gabriele Lavia, Luca De Filippo, Cesare Lievi, Massimo Castri e Lina Wertmuller – che come regista. «Da sempre nutro una forte passione per Pasolini e la sua poetica – racconta il regista – inoltre, da romano sono molto legato ai quartieri in cui Pasolini ha vissuto e a quelli che lo hanno ispirato. L’idea di mettere in scena Il Vantone è venuta naturalmente, anche perché abito proprio in uno di quei quartieri che Pasolini frequentava e che erano e sono abitati dai tipi che animano quest’opera. Quel mondo di borgata, anche se un po’ diverso da allora, esiste ancora: le baraccopoli sono purtroppo una realtà attuale, ancora oggi i protagonisti sono quei personaggi che ogni mattina quando si

svegliano non sanno cosa fare, non sanno come tirare avanti e per questo si industriano: un po’ lavorano… un po’ vagabondano. Tutto è rimasto come allora. Seguendo il percorso tracciato da Pasolini, che affermava di aver realizzato la riscrittura del testo plautino pensando all’avanspettacolo di quegli anni, mi sono in parte ispirato a Petrolini. Nel Vantone ci sono già tutti i suoi ‘tipi’: Gigi er bullo è, in un certo senso, il ‘vantone’. Oltre a Petrolini ho guardato ad Anna Magnani, Alberto Lionello, Wnda Osiris, Sordi, Proietti… e tutti gli artisti che hanno fatto grande l’avanspettacolo. Dunque, riassumendo posso dire che nella messinscena del Vantone si ritrovano questi due mondi: i personaggi e gli ambienti dei romanzi di Pasolini e l’avanspettacolo».