Home Nazionale Il fotografo, fame di conoscenza per documentare la storia a ‘scatti’

Il fotografo, fame di conoscenza per documentare la storia a ‘scatti’

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Roma, 14 lug. (Labitalia) – “Ogni essere umano nella società riveste un ruolo: quello del fotografo è paragonabile a quello dello storico, anche se spesso non scrive ma semplicemente scatta; anche i piatti sono in continua evoluzione e le foto scattate oggi saranno storia per domani. Tanto di cappello quindi a chi documenta la storia, a favore della futura memoria”. Così, con Labitalia, il fotografo Modestino Tozzi, appassionato e specializzato nel food, racconta il suo mestiere.
“Sotto certi aspetti sono un nostalgico e non posso negare il valore dell’esperienza che si acquisisce facendo il classico ‘garzone a bottega’. Tuttavia, la tecnologia, soprattutto nella veicolazione delle informazioni, oggi permette di usufruire di validissimi tutorial che spalancano le porte per conoscere certi segreti. Allo stesso tempo, il mondo accademico offre percorsi formativi di alto livello che possono permettere a uno studente di affacciarsi con più sicurezza sul mercato del lavoro”, spiega.
“Ma in realtà c’è qualcosa di diverso che, per me, riveste un ruolo fondamentale: si chiama fame di conoscenza. È di vitale importanza, per un fotografo, essere affamato di sapere. Scattare, sperimentare, osare, studiare continuamente, pensare in maniera estenuante a cosa ti rappresenta veramente sono tutti aspetti che posso ritenere il cuore della formazione di un fotografo. Questo spiega perché molti geni della fotografia sono e sono stati autodidatti, nel senso più nobile del termine”, sottolinea.
Fondamentale è specializzarsi in un determinato settore. “Potrei sembrare banale, ma – assicura Modestino Tozzi – è realmente così: decidendo di specializzarsi in un settore, si ha semplicemente più tempo della propria vita per dedicarsi a un ambito specifico. Di conseguenza, si può pensare di arrivare ad esprimersi ad alti livelli. Una non-specializzazione farebbe correre il serio rischio di una grossa dispersione di energie e di rimanere in un riduttivo ambito di mediocrità”.
“Il mio essere approdato al settore food – dice – è frutto di un percorso prevalentemente inconscio e legato agli eventi della vita. Ho trascorso la mia infanzia in campagna, circondato dai prodotti della terra. Le donne di casa (mia madre, mia nonna), quando ero bambino, sono state le muse ispiratrici, coloro che mi hanno insegnato i profumi, le fragranze e i sapori migliori. Oggi c’è anche mia moglie che mi traghetta quotidianamente tra sapori e profumi di cibi straordinari”.
“I miei insegnanti di arte, nel percorso scolastico, non hanno fatto altro che condurmi, giorno dopo giorno, tenendomi per mano, nel meraviglioso mondo dell’espressione artistica. Oggi sono quello che sono per questi motivi. Mio padre, dal canto suo, è stato colui che mi ha fatto scoprire il ‘mezzo’ fotografico”.
Del resto, il food è uno dei settore trainanti della nostra economia, e questo vale anche per i fotografi che vi si dedicano. “Il marketing del food ruota intorno alle immagini, oggi più che mai. È inevitabile non prendere in esame il fenomeno ‘scatta e condividi’ di milioni di persone che, forti di smartphone ultra tecnologici, producono miliardi di immagini di cibo al giorno in tutto il pianeta. Il vero problema è distinguere questo fenomeno di massa da quella che è la reale fotografia di cibo”, afferma Modestino Tozzi.
“Il mondo della comunicazione – osserva – ha bisogno di prodotti di qualità: testi, immagini, campagne pubblicitarie devono essere affidate a professionisti; non si può più pensare di improvvisarsi in tutto. Significherebbe affidare le sorti del proprio business alla mediocrità, che non è propriamente una strategia vincente”.
“Fortunatamente, molti chef, patron e imprenditori della ristorazione e dell’industria alimentare – aggiunge – hanno ben chiaro il valore della comunicazione e in particolare della realizzazione di fotografie adeguate al livello dei prodotti che vendono”.
Eppure, anche per la categoria dei fotografi il momento non è facile. “Ovviamente si cerca di farcela, in mezzo a tante difficoltà, in un mare di concorrenza – ammette – dove, come dicevo prima, devi impegnarti tantissimo, studiando e sperimentando continuamente per costruirti quella ‘marcia’ in più per essere veramente competitivo, senza rincorrere l’arricchimento economico a tutti i costi che, spesso, ti procura grandi delusioni”.
“La pressione fiscale è pesantissima – avverte – e soprattutto per un giovane che tenta di intraprendere questa attività, spesso lo porta a desistere; per esempio, nel primo anno devi tener conto che solo di contributi Inps sei tenuto a pagare in acconto anche quelli dell’anno successivo”.
“Ovviamente, questa è una ‘mannaia’ che si abbatte su tutte le attività che si accingono a partire. Pensando soprattutto ai giovani futuri colleghi auspico un alleggerimento di questa pressione”, conclude Modestino Tozzi.