Home Nazionale Giustizia: politici e sociologi, traffico influenze reato troppo fumoso /Adnkronos (2)

Giustizia: politici e sociologi, traffico influenze reato troppo fumoso /Adnkronos (2)

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(AdnKronos) – “Il traffico di influenze è come il commercio delle indulgenze: non riesco proprio a capire dove stia il reato – commenta il filosofo Marcello Pera, ex presidente del Senato – L’introduzione di questa fattispecie ha rappresentato uno dei modi in cui la classe politica italiana si è suicidata e si è consegnata mani e piedi alla discrezionalità della magistratura. Purtroppo, quando un Paese prende la via del moralismo, poi l’effetto boomerang è assicurato. Il traffico di indulgenze è un reato difficilmente definibile e quando viene definito diventa un altro tipo di reato: corruzione o concussione. E consegnare ai magistrati italiani un reato indefinibile significa dire ai giudici ‘voi fate quel che credete sia giusto, noi mettiamo la testa sul ceppo’, pronti a farci decapitare”.
Per Rino Formica, storico esponente socialista, più volte ministro e protagonista politico durante la leadership di Bettino Craxi, “quando i politici vanno alla ricerca di nuove norme del codice penale per individuare colpe e responsabilità, vuol dire che non sono in condizione di controllare quelle che sono già esistenti. E allora si inventano nuove forme di reato e pensano così di aver soddisfatto quella ‘belva’ che è l’opinione pubblica. Non arrivando però a capire che poi, quando la belva riceve un osso e non la carne, pretende la carne”.
“Condivido le preoccupazioni sul traffico di influenze come reato penale: prevederlo come è stato fatto con una legge può essere estremamente pericoloso – avverte Giuliano Urbani, tra i fondatori di Forza Italia, già ministro della Funzione pubblica nel governo Berlusconi e vicepresidente della Commissione parlamentare per le riforme istituzionali – Specie in un Paese come il nostro che, non avendo una grande tradizione di senso dello Stato, lascia troppo spazio alla discrezionalità dei giudici. Sarei più tranquillo se in Italia ci fosse l’assoluta e quasi sacrale certezza del diritto e del trionfo della giustizia; cosa che qui purtroppo non c’è. Dunque, molto dipende dal magistrato che conduce l’inchiesta. E’ il caso di dire: Che Dio ce lo mandi buono!”.