(AdnKronos) – Fosse stato per il direttorio, probabilmente l’altolà ai senatori sarebbe arrivato ben prima. Di Maio e Di Battista erano tra i più critici, preoccupati dalla ripercussioni. Sarebbe stato Casaleggio a temporeggiare, ritardando una svolta che è arrivata sul filo, a pochi giorni dalla votazione.
Ed è soprattutto il direttorio, ora, a pagare lo scotto della virata dell’ultimo minuto sulla libertà di coscienza. Chiamati in causa nelle chat dei parlamentari, Di Maio e gli altri hanno preferito non rispondere alle provocazioni. Affronteranno i colleghi martedì, in una riunione che si preannuncia di fuoco. Anche perché il sondaggio in questione sarebbe stato inoltrato da Di Maio anche a diversi parlamentari. “Se il Movimento non è né di destra né di sinistra – osserva uno di loro, che promette di fare fuoco e fiamme in assemblea – che senso ha affidare le nostre scelte a un presunto elettorato di destra? Di Maio dovrà risponderne, e poco conta sentirlo dire che così metteremo in difficoltà il Pd. Noi non siamo un partito, e Di Maio, manco a dirlo, sembra partorito dalla Dc”.