(AdnKronos) – Dal suo canto, Diana Ranucci per l’Avvocatura generale dello Stato ha osservato che “il riconoscimento della norma consuetudinaria sull’immunità degli Stati dalla giurisdizione è un tema ‘caldo’ considerata l’attenzione che i diritti della persona ricevono dall’ordinamento e lo sviluppo che la loro tutela ha avuto in questi ultimi anni”.
Il problema è dunque “il rapporto fra norme aventi il medesimo rilievo costituzionale: da un lato l’immunità statale, dall’altro la tutela dei diritti dell’uomo”, oltre al “valore della consuetudine, circoscritto ed esaminato dalla Corte internazionale di Giustizia”. In tal senso, “la sentenza pronunciata dall’Aja ha un valore vincolante per lo Stato italiano, che deve conformarsi alle decisioni degli organismi internazionali fra cui sicuramente quella Corte appartiene”.
Di conseguenza, “quella sentenza non può non avere una sua efficacia e non poteva non essere recepita dall’Italia che aveva un obbligo di conformazione. Dunque, gli obblighi internazionali impongono all’Italia il rispetto della decisione della Corte internazionale di Giustizia dell’Aja e la legge numero 5 del 2013 impugnata era una norma vincolata pena la violazione di obblighi internazionali. La questione va dichiarata dalla Corte Costituzionale manifestamente infondata o inammissibile”.