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Agrinsieme: l’agroalimentare è l’unico settore che tiene alla crisi

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Roma, 14 ott. (Labitalia) – L’unico settore che in questi anni di crisi ha tenuto è l’agroalimentare. Al contrario del manifatturiero, del tessile o delle costruzioni, i cui valori aggiunti sono diminuiti di oltre il 15% dallo scoppio della crisi, agricoltura e industria alimentare hanno mantenuto positivo il trend, con valori compresi tra il +4% e +7%. Grazie a queste dinamiche, oggi l’agroalimentare è uno degli assi portanti del tessuto socio-economico nazionale, rappresentandone il 9% del Pil e il 14% degli occupati. E’ quanto è emerso oggi nel corso dell’iniziativa di Agrinsieme, che ha lanciato la prima Conferenza economica del coordinamento, prevista a Roma il 18 novembre, presso l’Auditorium della Conciliazione.
“La recessione ha colpito senza dubbio – sostiene il coordinamento tra Cia, Confagricoltura e Alleanza delle cooperative agroalimentari – anche i consumi alimentari e una stagione climatica tra le più atipiche degli ultimi anni sta mettendo a dura prova la tenuta della filiera, ma l’anti-ciclicità che connota l’agricoltura e l’appeal che i nostri prodotti alimentari hanno nel mondo (di questo ne sono pienamente consapevoli gli investitori stranieri che non perdono occasione per acquisire brand e imprese italiane) fanno dell’agroalimentare un asset strategico per il Paese”.
“Tuttavia, affinché il sistema agroalimentare possa continuare a generare benessere per i nostri territori, occorre una maggiore attenzione – sottolinea – da parte delle istituzioni e soprattutto politiche economiche in grado di incidere profondamente sui veri fattori di competitività delle nostre aziende, oggi alle prese con uno dei più difficili e complicati contesti di mercato degli ultimi cinquant’anni”.
Di questi cambiamenti di scenario, delle problematiche del sistema agroalimentare e della necessità di interventi per la sostenibilità e lo sviluppo delle imprese si parlerà nella prima Conferenza economica di Agrinsieme. Sarà un momento di riflessione e confronto tra i diversi stakeholder della filiera, volto a individuare possibili linee di sviluppo per il settore agroalimentare, in un’ottica di sistema Paese e che possa avviare un ragionamento serio di politica economica su quelli che sono i veri punti di forza da cui ripartire.
“Un comparto – sottolinea il coordinamento – oggi posto di fronte a un contesto di mercato complesso, tra una riduzione dei consumi alimentari interni del 12% rispetto al 2007 (a valori costanti) e rilevanti potenzialità da cogliere sui mercati esteri (in continua espansione, al contrario di quanto avviene in Italia). In questo quadro l’export agroalimentare italiano, seppur in continua crescita (+85% nell’ultimo decennio) rappresenta ancora solo il 20% del fatturato totale dell’industria alimentare, contro il 27% della Francia e il 34% della Germania”.
“Sottodimensione delle imprese, difficoltà logistiche, costi infrastrutturali più alti della media europea e un sovraccarico burocratico e di servizio non più in linea con le esigenza delle aziende agricole rappresentano i principali freni allo sviluppo del sistema agroalimentare italiano”, dice.
“La sfida che abbiamo di fronte è quella della globalizzazione – ha affermato il presidente di Confagricoltura, Mario Guidi – che non si vince certo con un modello di agricoltura conservativa e ferma al passato, come quella del km 0. Dobbiamo uscire dai nostri confini e anche da quelli europei, che sono ormai diventati mercati domestici, sostanzialmente fermi. Dobbiamo internazionalizzarci. E per fare questo è necessario puntare su imprese che abbiano una valenza economica e su politiche che abbiano come obiettivi il mercato, la crescita, l’occupazione e la sostenibilità”.
“Pur in presenza di numerosi ostacoli economici, dal ‘credit crunch’ alla burocrazia elefantiaca, le imprese agricole dimostrano di essere attive e vitali, garantendo produttività e lavoro in assoluta controtendenza – ha spiegato il presidente della Cia, Dino Scanavino – ma è chiaro che bisogna fare un passo in avanti: per questo chiediamo alle istituzioni di investire sul serio sull’agricoltura, dopo averla lasciata per anni in un angolo”.
“L’agroalimentare italiano ha bisogno di più aggregazione – ha concluso il presidente dell’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, Giorgio Mercuri – perché l’elevata frammentazione del tessuto produttivo costituisce ancora oggi un serio ostacolo alla competitività del nostro sistema. Se facciamo un confronto con altri paesi produttori europei vediamo che il fatturato medio delle imprese agroalimentari italiane è meno della metà di quello tedesco e inferiore anche a quello di Francia e Spagna”.