Home Nazionale Recuperati dai carabinieri manoscritti, disegni e lettere di Giovanni Verga

Recuperati dai carabinieri manoscritti, disegni e lettere di Giovanni Verga

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Roma, 19 lug. (Adnkronos) – Con il sequestro di 36 manoscritti tra romanzi e novelle, migliaia di stampe fotografiche di lettere, centinaia di lettere autografe, bozze, disegni e appunti, e decine di scatole contenenti microfilm con le riproduzioni di lettere e manoscritti di Giovanni Verga è stata salvata la produzione del grande scrittore catanese. I preziosi documenti sono stati sequestrati a Roma e Pavia dai Carabinieri del Reparto Operativo Tutela Patrimonio Culturale, nel contesto di un'indagine, iniziata nel 2012 e coordinata dalla Procura della Repubblica di Roma, volta a scongiurare la dispersione di una consistente parte della produzione letteraria di Verga e appartenente al cosiddetto 'Fondo Verghiano'.L'indagine ha definitivamente concluso una vicenda che si protraeva ormai da ben 80 anni, iniziata con la consegna negli anni '30, da parte di Giovanni Verga Patriarca, figlio dello scrittore, di manoscritti verghiani ad uno studioso di Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina. La figlia di quest'ultimo è stata deferita in stato di libertà per i reati di ricettazione ed appropriazione indebita. Il valore dei beni recuperati, elevato sotto l'aspetto storico e culturale, ammonta complessivamente a circa 4 milioni di euro. Dopo avere consegnati i manoscritti allo studioso, il figlio dell'autore de 'I Malavoglia' aveva cercato di rientrare in possesso dei documenti, trattenuti dallo studioso che si opponeva alla loro restituzione. A questo proposito, dal 1957 al 1977, erano state fatte diverse interrogazioni parlamentari che avevano ad oggetto l'esproprio per ragioni di pubblica utilità del materiale trattenuto dallo studioso, considerato di altissimo valore per il patrimonio culturale nazionale.Nel 1975, dopo varie azioni legali, Pietro Verga, figlio di Giovanni Verga Patriarca e nipote dello scrittore, ottenne dal Tribunale di Catania una sentenza che gli attribuiva il possesso legale di tutti i manoscritti del nonno, sia quelli formalmente notificati, sia la parte più consistente che non si era potuta notificare a causa del rifiuto dello studioso, nel tempo, di consentire l'esatto inventario dei beni affidatigli per ragioni di studio.Nel 1978, Pietro Verga, ancora prima di entrarne in possesso, offrì in vendita al Comune di Catania l'intero corpo delle carte dello scrittore, incluse le opere non ancora notificate. Il Comune investì della questione la Regione Siciliana, che accettò l'offerta di vendita di tutto il 'fondo', ma di fatto entrò in possesso soltanto di una piccola parte pagando all'epoca la somma di 89 milioni di lire. Da allora, il Comune di Catania e gli eredi Verga hanno continuato ad impegnarsi per ottenere la restituzione dei beni dalla figlia dello studioso, che nel frattempo era morto.Un nuovo e improvviso impulso alla vicenda arriva nel momento in cui la Soprintendenza ai Beni Librari della Regione Lombardia si accorge di un 'Fondo verghiano' posto in vendita presso una casa d'aste proprio dalla figlia dello studioso di Barcellona Pozzo di Gotto. La Soprintendenza constata il pregio e la rarità dei documenti e avvia il procedimento di dichiarazione di interesse culturale disponendo contemporaneamente, visto il precario stato di conservazione delle carte, lo spostamento e il deposito temporaneo del 'Fondo Verga' presso il Centro di ricerca del Fondo manoscritti dell'Università di Pavia, dove è tuttora custodito dopo il sequestro penale dei Carabinieri del Tpc.A quel punto la Procura di Roma ha disposto una perquisizione del in tutti i locali nella disponibilità della figlia delo studioso, che si è conclusa con il ritrovamento e il sequestro dei documenti dello scrittore catanese, insieme ai quali sono stati sequestrati 16 oggetti archeologici integri, risalenti al V-II sec. a.C., di buona fattura, fra cui diversi tipi di vasi greci (skyphos, lekythos, kylix ed oinochoe a figure rosse), provenienti da scavi clandestini. La figlia dello studioso, la 76enne romana A.P., è stata denunciata a piede libero, mentre le attività investigative proseguono per verificare l'esatta consistenza del fondo ed il suo completo recupero.