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Elezioni politiche: cinque elementi di riflessione

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Elezioni politiche: cinque elementi di riflessione

Il primo dato su cui riflettere, all’indomani delle elezioni politiche, è il rifiuto della politica praticata dai partiti “storici” da parte di una quota molto consistente dell’elettorato che ha trovato in Grillo il miglior interprete della protesta. E questo a prescindere da alcune sue tesi oggettivamente eccessive come quelle su Europa ed euro. La protesta, che condivido, è quindi assolutamente comprensibile e legittima. La nostra società continua a mostrare aspetti di grande ingiustizia, di inaccettabili sperequazioni e di gravi sprechi in una fase in cui c’è estremo bisogno di attenzione prioritaria ai problemi sociali.

Il secondo dato è l’abbandono, da parte dell’elettorato, di quei partiti che hanno interpretato le principali ideologie del Novecento. Nessuno di essi sarà rappresentato in Parlamento.

A questo dato se ne aggiunge un terzo che è affine e che è rappresentato dal reflusso dai partiti comunque tradizionali e dai loro rappresentanti che sono stati implicitamente accusati di non aver saputo correttamente interpretare le istanze della gente. E per questo sono stati elettoralmente “puniti”.

Quarto elemento: il reflusso ha interessato anche il Pd che perde percentuali consistenti per avere rinunciato ad un rinnovamento nei metodi e nelle persone. Rinnovamento che sarebbe stato e rimane fondamentale per riqualificarne l’azione nei modi e nei contenuti.

Quinto elemento: appare per me incomprensibile la conferma di fiducia di una parte comunque consistente di elettorato al PdL che nei suoi anni di governo ha interpretato l’anima deteriore della politica nazionale e internazionale.

Adesso non resta che augurarci che vengano affrontati, da tutti, in modo serio e deciso i principali problemi del Paese: lavoro, sviluppo, riforma della politica e, prima di tutto, la nuova legge elettorale. E non potrà essere un testo qualsiasi perché sia le preferenze che le primarie rappresentano un sistema di selezione della nuova classe dirigente all’interno dei partiti. Bisogna lavorare alla prospettiva di piena apertura alla società civile. L’unico sistema elettorale possibile diventa quindi quello uninominale perché obbliga i partiti a scegliere candidati di grande credibilità in un confronto aperto con la società.

Ai molteplici e talvolta contraddittori segnali emersi da queste elezioni, deve essere quindi data una risposta che garantisca al Paese, soprattutto ai giovani, un futuro degno di essere vissuto. La realtà aretina avrà una consistente e qualificata rappresentanza: questa sarà garanzia di un forte rapporto tra il Parlamento, la comunità e le istituzioni locali.