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Sestini – Gestione del servizio idrico: pubblico e privato

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Arezzo – Volentieri, dice Grazia Sestini, raccolgo l’invito che Tito Barbini ha rivolto ai candidati a sindaco, tramite un articolo pubblicato domenica 27 marzo attraverso le pagine di un quotidiano locale, a proposito della gestione pubblica o privata dell’acqua.
Premesso che il contenuto dell’articolo ha un sintomo chiaro che è quello dell’approccio ideologico al problema che si dettaglia poi nella affermazione per la quale le politiche liberiste sull’acqua in Italia hanno portato ad aumento delle tariffe; alla riduzione degli investimenti; alla diseconomicità della gestione e alla espropriazione dei saperi collettivi.
Detto ciò vado a precisare un primo punto. Ad oggi la liberalizzazione in Italia si è concretizzata da un numero di anni significativo solo in Toscana dove, tutte le società gestori sono comunque s.p.a. miste a prevalente capitale pubblico (dal 54 al 60 %), attive da almeno da 5 anni. L’unica società interamente pubblica in Toscana è Gaia di Massa Carrara, fra l’altro, costantemente in perdita con vari avvicendamenti del management e con un numero di dipendenti mediamente doppio rispetto alle altre società toscane.
Come mai proprio in Toscana, che è stata la prima ad applicare la legge Galli con la copertura integrale della tariffa, si riscontra l’aumento maggiore?

La risposta è chiara, perché c’un fabbisogno enorme di investimenti per:
– grandi infrastrutture di reti di acquedotto capaci di collegare i grandi invasi o le grandi risorse: l’ultima infrastruttura del genere in Toscana è l’acquedotto dal Vivo (1930), le fonti locali (pozzi,….) sono sempre più vulnerabili in qualità e quantità;
– rinnovo reti idriche per acquedotti vetusti; Nuove Acque in 10 anni di lavoro ha abbassato le perdite in rete dal 54 % del 1999 al 32 % del 2010, ma la lotta è con reti cittadine di 30/40 anni fa in materiali plastici completamente da rinnovare;
– depurazione: si dimentica come siano ancora mancanti reti e depuratori, la tariffa non copre solo l’acqua potabile, ma gli investimenti per tutto il ciclo dell’acqua;
Quindi, la scelta è chiara: una tariffa “alta” e investimenti certi, obiettivi tecnici di investimenti chiari, un tariffa più bassa standard più bassi.
Se vogliamo un servizio su standard europei i costi sono questi: spetta alla politica decidere se distribuirli sulla fiscalità generale o direttamente nella tariffa del servizio.
Evidentemente c’è la necessità che la politica prenda consapevolezza della complessità della gestione e intervenga nelle sedi giuste portando un contributo di livello, riappropriandosi delle competenze per poter gestire e intervenire su piani economici e finanziari complessi come quelli che attualmente regolano l’articolazione tariffaria nel settore acqua.
Senza queste competenze si può discutere genericamente di abbassamenti tariffari, ma si mina la base ovvero minando alla base la sostenibilità del modello.
Per tornare alla questione di casa nostra, prosegue la Sestini, il comune di Arezzo, come quelli della provincia in questi anni hanno rinunciato al proprio ruolo di partners nella governance. Perché il problema è una governance pubblica che sia capace di dialogare con il partner privato al livello di competenza tecnica richiesto dal modello economico finanziario. Il comune di Arezzo e gli altri hanno abdicato al loro ruolo lasciando troppo spazio nella programmazione e gestione agli altri partners.
In sostanza, conclude Sestini, è anche questione di volontà politica perché i Comuni possono fare la loro parte per l’abbassamento delle tariffe soprattutto per le classi sociali più deboli, per le attività sociali e sportive e per le imprese se solo fossero disposti ad una complicata azione di ricontrattazione dei mutui, ad oggi mai fatta dal momento del conferimento al servizio a Nuove Acque, che permetterebbe a Nuove Acque stessa di abbassare le tariffe. Quando saremo al governo della città questa sarà la strada che seguiremo.