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Salute: in Italia 800 annegamenti l’anno, la meta’ mortali

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Salute: in Italia 800 annegamenti l’anno, la meta’ mortali

Roma, 20 giu. (Adnkronos Salute) – Ogni anno nel mondo oltre 380 mila persone muoiono per annegamento, terzo tra le cause di morte per incidente dopo quelli stradali e le cadute. In Europa, ogni anno si verificano 28 mila annegamenti fatali, con un tasso medio pari a circa 35 morti ogni milione di abitanti per anno. Le aree più a rischio sono quelle dell'Est europeo, in particolare Bielorussia, Lettonia, Lituania, Russia e Ucraina, che presentano tassi 15-16 volte superiori a quelli dell'Italia. In questi Paesi temperatura fredda delle acque, elevato consumo di alcol e difficoltà nell'approntare rapidi servizi di intervento sono tra i fattori che contribuiscono agli elevati tassi di mortalità. Ma dopo una domenica tragica, quella di ieri, in cui si sono verificate ben 8 morti sulle coste italiane per incidenti in mare, anche nel nostro Paese torna la necessità di sottolineare i rischi legati all'acqua.
Gli annegamenti in Italia, se paragonati a altre tipologie di incidenti, rappresentano un fenomeno a bassa incidenza, ma ad elevata letalità: "da una decina di anni a questa parte – dice all'Adnkronos Salute Marco Giustini, epidemiologo dell'Istituto superiore di sanità (Iss) – si contano circa 380-400 morti e circa 450 ricoveri. Mentre all'inizio degli anni '70 avevamo 1.200-1.300 morti l'anno. In questi 40 anni, quindi, è cresciuta la consapevolezza degli italiani nei confronti dei pericoli dell'acqua e sono migliorati anche i soccorsi".
Attualmente, quindi, su poco più di 800 eventi l'anno, nella quasi metà dei casi la persona coinvolta muore e nel restante 55% delle volte viene ricoverata (semi-annegamento). Nel nostro Paese – secondo i dati dell'Iss – il fenomeno degli annegamenti appare particolarmente evidente lungo la costa adriatica centro settentrionale (da San Benedetto del Tronto a Trieste); in alcune aree della costa sud della Puglia, lungo la costa tirrenica in Liguria (tra San Remo e Savona), in Toscana (tra Carrara e Piombino), nel Lazio (tra Fiumicino e Terracina), in Campania (tra Castel Volturno e Acropoli); in Sicilia (nella costa sud-orientale e a Palermo); in Sardegna (lungo la costa occidentale, nella zona di Cagliari e in quella di Olbia). "L'Iss – prosegue Giustini – ha voluto organizzare uno speciale sistema di sorveglianza sugli annegamenti, unendo ai dati dei ricoveri e della mortalità anche una 'rassegna stampa' che, attraverso l'analisi dei casi riportati dai giornali, potesse far emergere le cause principali di annegamento: imperizia, malori, cadute accidentali, pesca subacquea, cadute da imbarcazioni e mancata sorveglianza dei bambini. Riguardo alla tipologia degli incidenti, data l'estensione della costa italiana e il grande numero di turisti che frequentano le località marittime, non stupisce l'elevato numero di decessi accaduti in mare rispetto ad altre tipologie di acque (56,6% degli annegamenti totali). Tuttavia gli annegamenti nei fiumi non sono pochi e, a sorpresa, superano quasi del doppio quelli riportati nei laghi. L'esperto dà anche alcuni preziosi consigli per evitare il rischio di annegamento: non entrare in acqua a stomaco pieno o durante la digestione (attendere almeno 3 ore); non entrare in acqua quando non ci si sente bene o si accusano malesseri; quando si sono consumate bevande alcoliche evitare di entrare in acqua, andare in barca o fare altri sport acquatici. L'alcol – ricorda – può rendere meno vigili in circostanze in cui si richiede capacità di controllo, ad esempio nel prestare attenzione al bambino in acqua. E ancora, non entrare in acqua bruscamente dopo una lunga esposizione al sole o se si è accaldati, perché la notevole differenza di temperatura tra il corpo e l'acqua può determinare delle alterazioni, anche gravi, della funzione cardiorespiratoria, con perdita della conoscenza e arresto cardiaco. E' bene imparare la rianimazione cardiopolmonare, perché in attesa dell'arrivo del personale sanitario le capacità di primo soccorso possono fare la differenza per salvare la vita; non improvvisarsi subacquei: l'immersione richiede una forma fisica adeguata, raggiunta dopo una preparazione specifica; evitare di fare il bagno quando il mare è agitato; evitare, se possibile, di fare il bagno da soli, perché anche un banale crampo potrebbe mettere in serie difficoltà. L'esperto raccomanda di evitare di tuffarsi se non si conosce la profondità dell'acqua: si rischia di urtare contro il fondo o contro gli scogli; di informarsi sulle condizioni del vento e del mare e le relative previsioni prima di andare in acqua. Vento forte e temporali con fulmini possono costituire un serio pericolo. E ancora: indossare il giubbotto di salvataggio omologato quando si naviga; fare attenzione alle bandiere colorate di avviso di pericolo in spiaggia; fare attenzione alle onde pericolose e ai segni di corrente di riflusso (acqua che cambia colore e stranamente mossa, schiumosa, o piena di detriti). Se si finisce in una corrente che porta al largo, non cercare di contrastarla subito nel tentativo di guadagnare immediatamente la riva. E' meglio cercare piuttosto di uscire dal flusso della corrente, nuotando parallelamente alla spiaggia. Una volta fuori dalla corrente, nuotare verso la riva; usare molta prudenza in acque dolci (fiumi e laghi) sia per le correnti presenti, sia per la temperatura dell'acqua, spesso assai fredda. Occorre prestare la massima attenzione ai bambini, raccomandazione che vale in generale ma soprattutto nelle piscine, ambienti che apparentemente sembrano più sicuri e inducono a minore prudenza. In particolare, se si possiede una piscina interrata, dovrebbe essere circondata da un recinto adeguatamente alto (almeno 120 cm); l'accesso dovrebbe essere consentito tramite cancelli con chiusura con dispositivo di richiamo e meccanismo di apertura fuori dalla portata dei bambini. Tenere sempre a mente che braccioli o ciambelle gonfiabili sono giocattoli e non sono realizzati per salvare le persone in acqua. Per questo scopo esistono giubbini ad hoc di salvataggio; i giochi dovrebbero essere rimossi dalla piscina subito dopo l'uso. Barchette, palle e altri giochi possono incoraggiare il bambino a entrare in piscina, o a sporgersi e potenzialmente a caderci dentro. Infine, per quanto riguarda piccole piscine, in particolare quelle gonfiabili, acquistabili anche nei supermercati, è buona norma vuotarle dopo l'uso oppure dotarle di una copertura solida a prova di bambino.