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Face to face con Marco Malvaldi

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Con “Odore di chiuso” questa volta Marco Malvaldi, lasciati per il momento i quattro vecchietti del BarLume, ci consegna il magnifico ritratto di un italiano memorabile, Pellegrino Artusi, il grande gastronomo che con la sua Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene dette dignità alle pietanze di tutti i giorni, in un giallo di impianto classico.

Marco Malvaldi sarà ospite della nostra città sabato 26 marzo 2011 all'interno della rassegna letteraria “Il Giardino delle Idee”. Con inizio alle ore 17.00, nella consueta cornice dell'Auditorium del Museo d'Arte Medioevale e Moderna (via San Lorentino, 8 – INFO: 0575 409050) trasformato nell'occasione dell'antica trattoria di Pellegrino Artusi, Marco Malvaldi incontrerà il pubblico per raccontare il Suo nuovo romanzo,
accompagnato in questo suo viaggio da Francesco Maria Rossi, Antonella di Tommaso e Dory d'Anzeo.
Sarà possibile far autografare la propria copia del libro (in vendita anche presso il desk dell'Auditorium).

In occasione della presentazione presso la libreria Edison di Firenze Marco Malvaldi ha risposto ad alcune domande.

La campagna toscana, un casolare, degli ospiti invitati per il week-end, un protagonista dai baffi molto particolari, una famiglia nobile sulla via della decadenza, un omicidio con il gioco della stanza chiusa. Quanto c'è di Agata
Christie in questo romanzo?
Quasi tutto.
L'idea di partenza era quella di scrivere un giallo classico, con tutti i
cliché che appartengono a questo genere.
Volevo addirittura ambientarlo nell'Inghilterra vittoriana.
Poi discutendo con l'editore Sellerio è sembrato più giusto scrivere di luoghi
più familiari.
Così eccoci nuovamente a Livorno e dintorni.
Anche se ammetto di non essere mai vissuto nel Bolgheri risorgimentale.

Perché il passaggio ad un giallo storico, al cambiamento di epoca? Una fuga
letteraria?
Avevo voglia di scrivere qualcosa di diverso dai romanzi precedenti, l'idea
che girava per la testa era quella di un libro apocrifo, che avesse come
protagonista uno scrittore.
Così.
Dopo aver deciso di ambientarlo in Toscana ho preso in rassegna alcuni
scrittori dell'epoca.
Alla fine la scelta è caduta su Pellegrino Artusi.
Avevo pensato anche a De Amicis, ma non era troppo adatto a me, sono più
propenso a far ridere che a commuovere.

Come mai la scelta di una voce narrante contemporanea che commenta la
vicenda?
La voce narrante è stata una precisa scelta stilistica.
Io mi considero uno scrittore comico e lo straniamento dato dal narratore era
perfetto per donare al romanzo dei momenti comici.
In un libro scritto in lingua ottocentesca la voce narrante dava il giusto
effetto di rottura all'interno del racconto.

Il protagonista ha due grassissimi gatti, proprio come lei, quanto c'è di
personale in questo romanzo?
C'è sicuramente tutta la mia sincera e profonda ammirazione per un personaggio
storico come
Pellegrino Artusi, un uomo che sapeva vivere bene e che sapeva godersi la
vita.
Se potessi decidere che personaggio storico essere sicuramente sceglierei
lui.

Pagina 14. Ecco un riferimento indiretto ai tempi attuali: parla della fine
dell'ottocento sottolineando come fossero bei tempi.
Già bei tempi.
Volevo proprio sottolineare la distanza storica dell'epoca del romanzo con i
tempi attuali. Nell'Ottocento, scrivo, la gente era famosa per ciò che faceva e
molto spesso se ne ignoravano le fattezze.
Proprio il contrario di adesso, quando si appare ancor prima di essere e non
conta la banalità dei contenuti quanto l'importanza dell'aspetto.
Basta fare un poco di zapping in televisione dall'Isola dei famosi al Grande
fratello.

Lei ha detto che i suoi scrittori preferiti sono Sciascia e Durenmatt,
perchè?
Perché secondo me sono riusciti a trasformare il genere giallo in Letteratura,
mantenendo la loro universalità e la facoltà di essere leggibili e godibili da
chiunque.

Secondo lei a cosa deve questo successo? Si potrebbe parlare di un doppio
successo vista la scarsa propensione degli italiani a leggere e comprare
libri.
Scrivere gialli di certo aiuta, essendo uno dei generi preferiti dai
lettori.
La colpa della scarsa propensione degli italiani a leggere non la darei però
né agli scrittori né ai lettori.
Piuttosto la colpa è del sistema scolastico e dell'istruzione che trasmette ai
ragazzi che leggere è una cosa noiosa, che non si legge ma si studia.

Lei non è uno scrittore a tempo pieno, è anche un chimico, potremmo definirla
un ibrido tra uno scrittore part-time ed un ricercatore precario?
Per ora mi definirei uno scrittore disoccupato ed un chimico per diletto.

Ritorneranno presto i vecchietti livornesi degli scorsi romanzi?
Vedremo.