ROMA – "Mattone dopo mattone, testa dopo testa, non e' una missione impossibile" cambiare l'Italia. Anche Ronald Spogli, ambasciatore inviato da George w. Bush a Roma nel 2005 e ora in partenza dopo l'insediamento di Barack Obama, sembra essere stato contagiato dal messaggio di change del nuovo inquilino della Casa Bianca, ma sembra interessato a predicarlo nella terra da dove i suoi avi partirono per l'America.
Una terra di cui l'ambasciatore italoamericano non esita a fare, con il linguaggio poco diplomatico – lui lo definisce "schietto" – che lo contraddistingue, un ritratto quanto mai lucido e impietoso nel dettagliare le ragioni che hanno posto "l'Italia in una condizione di relativo declino, che ha portato il Paese ad essere considerato da alcuni come il 'malato d'Europa".
"Coloro che mi conoscono bene sanno pero' che nutro un profondo affetto per il vostro Paese ed ogni critica e' sempre stata scandita nel massimo rispetto per la terra dei miei avi", mette la mani avanti Spogli in apertura del lungo saluto-monito rivolto ai giornalisti italiani e corrispondenti americani invitati a Villa Taverna.
Ma poi il 'cahier de doleances' che Spogli sciorina sugli annosi problemi, "che tutti conosciamo bene", che condannano l'Italia ad essere il fanalino di coda "nelle classifiche internazionali sulle condizioni per fare business e investire", e' lungo e non fa sconti a nessuno.
"Una burocrazia pesante, un mercato del lavoro rigido, la criminalita' organizzata, la corruzione, la lentezza della giustizia, la mancanza di meritocrazia e un sistema di istruzione che non risponde ai bisogni del ventunesimo secolo" elenca l'ambasciatore, che non esita a entrare con decisione anche nel tema, politicamente caldo in Italia, della situazione del sistema scolastico.
"E' una tragedia nazionale, direi imbarazzante, che non ci sia una sola universita' italiana nei primi posti delle classifiche internazionali", afferma senza mezzi termini l'ambasciatore, che in questi anni ha avuto un grande interesse per gli studenti italiani, riservando loro, per esempio, uno degli incontri di George W. Bush nella sua visita d'addio a Roma lo scorso giugno. Studenti che esprimono "un pessimismo per il proprio futuro", la sfiducia in un sistema non meritocratico, "in cui la relazione tra l'impegno ed il suo riconoscimento e' debole", e spinge molti a "pensare al proprio futuro altrove".
Insomma un quadro a tinte fosche, in cui non manca il riferimento alla mancanza di uno "spirito nazionale, consenso nazionale" per affrontare le sfide che il Paese si trova di fronte: "L'Italia ha gia' visto troppe grandi opere rimaste incompiute e la priorita' della sicurezza energetica e' troppo importante per risentire dei capricci della politica" continua l'ambasciatore, avvertendo dei rischi di una politica di sicurezza energetica soggetta alla "tentazione da parte dei governi che si succederanno di cancellare o cambiare radicalmente i progetti gia' avviati".
Ma non e' un orizzonte privo di segnali di speranza e di ripresa, assicura l'ambasciatore, rispondendo alle domande dei giornalisti. "Io non sono pessimista, ho fiducia che il paese ce la possa fare, mattone dopo mattone, testa dopo testa, non e' una missione impossibile", afferma Spogli che ricorda gli esempi di eccellenza conosciuti nel nostro Paese e i tanti imprenditori che hanno questa voglia di cambiare. E che assicura che – dopo gli anni trascorsi in Italia prima da studente, poi da imprenditore e nella ricerca e ora da ambasciatore – "non voglio che i miei contatti con l'Italia si interrompano solo perche' il mio mandato e' giunto al termine".
L'ambasciatore promette quindi di tornare in Italia, anche per aiutare questo cambiamento, mentre si accinge a lasciare Villa Taverna al
rappresentante che sara' scelto da Barack Obama. Ancora non e' stato nominato e i tempi potrebbero essere lunghi: c'e' chi ricorda che dopo l'arrivo di George W. Bush, il nuovo ambasciatore Mel Sember fu nominato solo nel novembre 2001, cioe' dopo il G8 – che anche otto anni fa si svolse, come quest'anno, in Italia – e dopo l'11 settembre.
Molti i nomi che circolano, da John Podesta – il democratico italoamericano che ha guidato il transition team di Obama – a due signore che conoscono bene il nostro Paese: Kerry Kennedy, la figlia di Bob di casa tra Roma e Firenze, e Nina Gardner, la figlia dell'ambasciatore a Roma tra il 1977 ed il 1981, che e' stata l'animatrice della campagna per Obama in Italia. E l'ambasciatore uscente vedrebbe molto bene una donna al suo posto a Palazzo Margherita. "C'e' gia' stata una donna – risponde, ricordando Clare Boothe Luce a Roma dal 1953 al 1956 – adesso la vedrei benissimo, una persona giusta sarebbe una cosa molto molto positiva". Intanto, in attesa delle decisioni a Washington, a Palazzo Margherita rimane effettivamente una donna alla guida, la vice ambasciatrice Elizabeth Dibble.