GERUSALEMME – Secondo i primi exit poll, Kadima avrebbe vinto le elezioni in Israele anche se per un soffio: secondo le proiezioni di Channel 10 al partito di Tzipi Livni sarebbero andati 30 contro i 28 seggi per il Likud di Benjamin Netanyahu.
Anche gli exit poll di Ynet confermano Livni sarebbe in testa, con il 28 seggi contro i 26 del Likud, e registrano un crollo dei laburisti che sarebbero il quarto partito con 14 seggi. Ed il controverso leader di estrema destra Avigdor Lieberman, il cui motto della campagna elettorale e' stato "nessuna cittadinanza senza lealta'" con un duro attacco contro gli arabi israeliani, ha portato il suo "Yisrael Beiteinu" (la nostra casa Israele), con 16 seggi.
Con i commentatori ed i rappresentanti dei partiti intervistati che invitano alla cautela ed ad aspettare i risultati finali, la stampa israeliana comunque sta gia' sottolineando se alla fine saranno questi veramente i numeri non e' certo che la Livni riuscira' a raccogliere i 61 voti necessari a sostenere la sua coalizione. Se sara' confermata la netta sconfitta dei laburisti dai risultati definitivi, il blocco di destra, sottolinea Ynet, avrebbe piu' voti di quello di sinistra e questo potrebbe complicare molto la missione di formare un nuovo governo.
Per gli israeliani una tornata di elezioni anticipate che potrebbero avere importanti conseguenze sul futuro del processo di pace. Elezioni che sceglieranno il governo che dovrà dialogare con la nuova amministrazione americana di Barack Obama e che giungono dopo i sanguinosi giorni dell'operazione militare a Gaza 'Piombo fuso'.
Malgrado queste sfide, gli elettori appaiono tuttavia indecisi e la campagna elettorale, complice la guerra, non ha saputo chiarire a fondo le differenze fra i tre principali candidati premier: al centro Tzipi Livni del Kadima, a destra Benyamin Netanyahu del Likud e a sinistra Ehud Barak dei laburisti. In questo quadro la vera sorpresa della campagna elettorale è l'esponente dell'ultradestra Avigdor Lieberman, leader del partito Yisrael Beitenou, che ha impostato con successo la sua campagna accusando gli arabo israeliani di mancata lealtà verso lo stato.
Secondo i sondaggi nessun partito potrà ottenere la maggioranza assoluta dei 120 deputati della Knesset, anzi è possibile che nessuno raggiunga i 30 seggi. Il leader del partito di maggioranza relativa potrà dunque solo guidare un'ampia coalizione e al momento lo scontro è fra Netanyahu, indicato come vincente, e la Livni, il cui partito giunge secondo con uno scarto compreso fra uno o tre seggi. Il testa a testa non è tuttavia frutto della crescita del Kadima, quanto del successo di Lieberman a spese di Netanyahu.
La necessità di future alleanze obbliga i principali partiti a mantenere sul vago le proprie posizioni, con una campagna che si è basata soprattutto su attacchi personali fra i vari leader. Ciò ha contribuito a un disincanto dell'elettorato – i sondaggi indicano un 28% di indecisi – già disilluso dalla politica.
Tre anni fa gli israeliani avevano scelto il Kadima, malgrado il suo leader carismatico Ariel Sharon fosse in coma, sperando nella sua promessa di una pace con i palestinesi. Ma oggi si ricorre alle urne anticipate in seguito alle dimissioni del premier Ehud Olmert, accusato di corruzione, e dopo la guerra a Gaza sempre meno israeliani sembrano credere a una pace possibile in tempi brevi.
Il disincanto verso la politica è ancora più forte fra gli arabo israeliani, circa il 20% della popolazione, dove potrebbe prevalere l'astensionismo e cresce la rabbia per l'intervento militare a Gaza. Dopo l'operazione 'Piombo fuso' sono crollati i consensi verso i partiti israeliani della sinistra, laburisti e Meretz, e molti ritengono che i partiti arabi siano privi di reale potere. L'aggressiva campagna di Lieberman non ha fatto che rafforzare il senso di estraniamento di questa parte della popolazione che si sente sempre più discriminata.