AREZZO – Sarà una nomade della musica Viktoria Mullova? La violinista ha rivelato il suo talento imponendosi all’attenzione internazionale quando vinse il Primo Premio al Concorso “Sibelius” a Helsinki nel 1980 e due anni dopo e la Medaglia d’oro al Concorso “Cajkovskij”. Da quel momento è cominciato il viaggio per le più prestigiose sale da concerto del mondo. Al 2000 si può far risalire l’inizio di un altro viaggio, nell’universo della musica contemporanea, a partire dall’album Through the Looking Glass inciso insieme al pianista jazz inglese Julian Joseph. Da allora Viktoria Mullova è sempre pronta a spostarsi, da un continente della musica ad un altro. Recentissimo il varo di un progetto musicale che la vede a fianco della pianista Katia Labèque, del violoncellista Giovanni Sollima e di uno stuolo di musicisti pop e jazz per un tributo alla musica ed alle immagini create dai Beatles. Eppure soltanto qualche mese fa era intenta a registrare le Partite e Sonate di Bach, con un’attenzione rinnovata alle prassi esecutive barocche.
E non è soltanto questione di corde di budello, perché il Bach della Mullova è affine al Bach sperimentato di recente da Abbado con i Concerti Brandeburghesi, in perenne cammino fra passato e presente, fra strumenti antichi e moderni, fra archi barocchi e flauti dolci, fra corde d’acciaio e di budello.
“È vero che negli anni è cambiata la mia visione di Bach – ci volle confidare qualche tempo fa la violinista – perché per prima cosa siamo noi a cambiare. Per forza cambia anche Bach. Da tempo ho capito che era giusto suonarlo con le corde di budello e con un arco barocco. Eppure per me la filologia non è una questione di principio. Piuttosto è uno strumento per far evolvere l’interpretazione. La filologia non la vivo come un’imposizione. È una forma di rigore che non preclude la possibilità di trovare strade nuove nell’interpretazione. Anzi nel mio caso mi ha molto aiutato a trovarle queste strade nuove da percorrere”. Vale anche per il Concerto per violino di Ludwig van Beethoven, già inciso anni addietro con i Berliner Philharmoniker e Claudio Abbado. Può capitare ad una grande solista di tornare a registrarlo, ma non capita tanto di frequente cambiare così radicalmente la prospettiva esecutiva, a cominciare dalle corde di budello, che la violinista ormai impiega per autori come Mozart e Beethoven. Di qui l’incontro con sir John Eliot Gardiner e l’Orchestre Revolutionnaire et Romantique per il Concerto beethoveniano. Un’altra novità stava nelle cadenze del concerto. Cadenze nuove di zecca composte dal clavicembalista Ottavio Dantone: “Lui ha composto per me le cadenze per tre concerti di Mozart che dovevo suonare. Mi sono piaciute e gli ho proposto di scrivermi le cadenze per il Concerto di Beethoven che dovevo registrare con Gardiner.”
L’inquietudine vale anche per i dischi che hanno accompagnatola sua carriera. Bach, appunto, ma anche il XX secolo con Bartok o Stravinskij, autori affrontati con una passione lucida, lucidissima, che soggioga quanto la sua bellezza, elegante ed altera. Negli anni la grande solista non ha mai tralasciato la passione di fare musica insieme agli altri, anche davanti ai microfoni di uno studio di incisione. Le registrazioni per Philips hanno ricevuto spesso importanti riconoscimenti. Tre anni fa però Viktoria Mullova ha avviato la collaborazione con un nuova etichetta indipendente, Onyx Classics, spinta dal desiderio di poter allargare ancora più gli orizzonti delle sue avventure musicali.
Un sodalizio di successo: Paavo Järvi e la Deutsche Kammerphilharmonie Bremen
Personalità di spicco del panorama concertistico internazionale, tra i più ricercati direttori d’orchestra della sua generazione, Paavo Järvi è nato a Tallinn nel 1962, città nella quale ha studiato percussioni e direzione d’orchestra, proseguendo poi gli studi negli Stati Uniti, dove si è perfezionato in direzione d’orchestra sotto la guida di Leonard Bernstein. Nel 2001 ha assunto l’incarico di direttore musicale presso la Cincinnati Symphony Orchestra instaurando una leadership dinamica che ha catturato l’attenzione internazionale raccogliendo consensi e recensioni lusinghiere. Nello stesso anno Järvi è anche diventato direttore musicale della Frankfurt Radio Symphony Orchestra e consulente artistico della Estonian National Symphony Orchestra, incarico che gli ha permesso di sostenere il lavoro di molti compositori estoni e che gli è valso il Kultuurkapital Award del Ministero della cultura estone per aver promosso la musica del suo paese d’origine nel mondo. A partire dalla stagione 2006/07 è stato nominato Direttore della Hessian Radio Symphony Orchestra di Francoforte. Le sue incisioni hanno sempre ottenuto ragguardevoli riconoscimenti dalla critica.
Il cd delle Cantate di Sibelius ha ottenuto nel 2003 il Grammy Award for “Best Choral Performance”. Nel 2004 Paavo Järvi ha assunto il ruolo di direttore artistico della Deutsche Kammerphilharmonie Bremen, un’orchestra nata nel 1980 e che dal 1992 ha eletto la propria sede nella città anseatica di Brema divenendo elemento costitutivo del panorama musicale cittadino. Il sodalizio artistico tra il direttore estone e l’orchestra da camera si è rivelato sin dall’inizio particolarmente felice. Questa collaborazione musicale è testimoniata dal rilievo via via più significativo che l’ensemble ha assunto a livello mondiale sia con il fortunatissimo tour del 2005 negli Stati Uniti, Canada, e Paesi Baltici (che il “New York Times” definì “l’evento dell’estate”), sia dopo l’apparizione all’International Beethovenfest di Bonn.
All’interno di questa rilevante attività concertistica, un particolare rilievo ha assunto, nella collaborazione tra Paavo Järvi e l’orchestra, il Progetto Beethoven, nell’ambito del quale tutte le Sinfonie di Beethoven vengono eseguite ed incise con l’ausilio della moderna tecnologia 5.1 DSD. Attività che ha dato luogo lo scorso anno, a Yokohama, ad una esecuzione integrale delle Nove Sinfonie durante un unico week-end. La flessibilità interpretativa della Deutsche Kammerphilharmonie ha permesso all’orchestra di intessere rapporti fruttuosi con solisti di fama internazionale e con un repertorio che spazia dal Barocco alla musica contemporanea.
Haydn e Beethoven, i grandi classici
Il concerto di Paavo Järvi e della Deutsche Kammerphilharmonie Bremen con Viktoria Mullova presenta un programma concepito per autentici capolavori della grande scuola classica di Vienna, nell’occasione rappresentata dai nomi di Haydn e Beethoven. Un percorso che inizia cronologicamente con Haydn, universalmente riconosciuto come il “padre della Sinfonia”. La sua Sinfonia n. 88, scritta nel 1787 per il pubblico di Parigi, si fa ammirare per la fantasia dell’invenzione e la straordinaria coerenza formale, generosamente distribuiti nell’arco dei quattro movimenti che la compongono; e in particolare nel Finale, dove spicca il virtuosistico protagonismo assegnato alla famiglia dei fiati e che corre con la briosa frenesia di un concertato da opera buffa. Per la Sinfonia n. 88 di Haydn proprio Beethoven dichiarò in più occasioni di avere una particolare predilezione, prendendola a modello massimo di un’arte compositiva alla quale lui stesso si sarebbe rifatto per intraprendere il proprio cammino nel mondo della sinfonia. Quasi vent’anni passano fra la Sinfonia n. 88 di Haydn e la Sinfonia n. 6 di Beethoven, eseguita per la prima volta a Vienna nel 1808. Pagina celeberrima ancora oggi per il sottotitolo di “Pastorale” che le diede lo stesso Beethoven, per sottolinearne la caratteristica di composizione concepita come contenitore di sentimenti suscitati da “ricordi di vita campestre” – per dirla con le stesse parole usate dal suo autore sul frontespizio della prima edizione a stampa – più che con mere finalità illustrative. Beethoven pare voler esortare l’ascoltatore, e prima ancora se stesso come compositore, a evitare le esagerazioni, affidandosi alla sola eloquenza di una musica che è espressione di emozioni, non semplice pittura in sé per sé. Ma la “Pastorale” esprime anche la concezione che della natura ebbe Beethoven, da lui intesa come fonte incontaminata di verità, come necessità spirituale, senza escludere così le implicazioni panteistiche di un fervore religioso che nel compositore fu sempre molto forte. Unica fra le Sinfonie di Beethoven ad essere articolata in cinque movimenti, la Sesta è scandita da annotazioni di pugno dello stesso autore che guidano l’ascolto di un mondo rasserenante, fatto di genuini sentimenti, dove la musica imita i rumori della natura, i versi degli uccelli, i festosi ritrovi dei contadini, e persino lo scoppio minaccioso di un temporale. Il tutto coronato da un canto di ringraziamento affidato alla voce dell’orchestra, che la potenza della musica di Beethoven eleva a radioso inno universale. A due anni prima della “Pastorale”, al 1806, risale il Concerto per violino di Beethoven, pagina capitale della letteratura concertistica e ancora oggi appannaggio dei più grandi virtuosi dell’archetto. Lo contrassegnano una nobile compostezza formale, l’affabilità melodica del violino e la naturalezza dell’invenzione; eppure, il Concerto op. 61 lascia un certo spazio anche a quei contrasti e a quella robusta espressività che scandiscono la tormentata via seguita da Beethoven in quegli stessi anni. Di questo dualismo, della possibilità cioè che anche il più rifinito discorso musicale possa rivelare i sintomi di una drammaticità interiore, reca i segni tangibili soprattutto l’Allegro ma non troppo che apre il Concerto con un ampio gesto sinfonico introdotto da cinque colpi ovattati del timpano. Il Larghetto si contrappone invece a questa gestualità drammatica, proponendo un’atmosfera sognate e dolcissima. L’Allegro finale si dipana all’insegna del virtuosismo, con il violino che sciorina una serie di episodi brillanti via via ripresi dall’orchestra, e inanellati con irrefrenabile vivacità.
IL GIARDINO PROFONDO una festa di musica, teatro, arte presenta:
L’incanto della “Pastorale” e il violino meraviglioso di Viktoria Mullova
Arezzo, Anfiteatro romano – giovedì 23 agosto, ore 21.30
VIKTORIA MULLOVA con la DEUTSCHE KAMMERPHILHARMONIE BREMEN diretta da PAAVO JÄRVI