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Il convegno, sabato 16 giugno si parla di ‘Made in Italy’

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Il convegno, sabato 16 giugno si parla di ‘Made in Italy’

AREZZO – Il Made in Italy è costituito dalle produzioni realizzate prevalentemente nei settori Alimentare, Sistema Moda, Oreficeria, Mobili e Arredo, Meccanica, con oltre 165,9 Mld di euro di export ed un’occupazione di oltre 2.760.000 di addetti. Attualmente il Made in Italy vive una situazione critica dovuta alle distorsioni presenti sui mercati internazionali. Le mutate regole delle concorrenza internazionale consentono importazioni a basso costo spesso realizzati in condizioni di dumping sociale. Da sempre Confartigianato ha promosso una collaborazione tra produttori e lavoratori del Made in Italy da un lato e consumatori dall’altro, per la realizzazione di un acquisto più informato, responsabile e consapevole. Per far luce su tutto questo nasce il convegno ‘Made in Italy: Piccoli dettagli o grandi differenze?’, in programma per sabato 16 giugno alle 10 presso l’Hotel Etrusco di via Fleming. Interverrà l’Onorevole Marco Stradiotto, Sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico, coordinerà l’evento Antonio Lubrano. Ad aprire il dibattito il Presidente di Confartigianato Imprese Arezzo Giovan Battista Donati, seguiranno Stefano Acerbi Presidente Nazionale Federazione Moda, Luciano Bigazzi Presidente Nazionale Federazione Artistico, Mauro Cornioli Consigliere Nazionale Federazione Alimentazione. Le conclusioni del convegno saranno invece affidate al Presidente Nazionale di Confartigianato Imprese Giorgio Guerrini.
Cosa significa allora acquistare un prodotto Made in Italy? Innanzi tutto è garanzia di qualità, prezzo corrispondente al valore intrinseco rispetto a prodotti a basso costo realizzati con tecnologie meno efficienti ed inquinanti, identificazione aziendale grazie all’etichetta, lavorazione artigianale. E ancora, personalizzazione del prodotto, durata nel tempo, rispetto della normativa del lavoro.
‘Il ‘Made in’ abbraccia tutte le principali attività che caratterizzano il tessuto produttivo e dall'alimentazione alla moda passando per il settore dell'oreficeria, il valore aggiunto conferito dal ‘Made in’ è sempre in primo piano – spiega il Presidente di Confartiginato Imprese Arezzo Giovan Battista Donati – Il concetto di ‘Made in’ è vasto ed assomiglia molto ad un diamante con tante sfaccettature ed una sola punta. E proprio come il diamante anche il ‘Made in’ può essere osservato da svariati punti di vista. In altre parole, quello che faremo in questo contesto è analizzarlo prendendo in considerazione quelle che sono le peculiarità del nostro territorio. E così come un diamante converge verso la punta riflettendo la luce che lo rende prezioso, allo stesso moda il comune denominatore delle produzioni della nostra provincia è la volontà di valorizzare, riconoscere, tutelare il prodotto italiano rendendolo luminoso e appetibile in Europa e nel Mondo’.
Le imprese artigiane e le micro imprese che rappresentano il 99% dell'economia Toscana, manifestando però difficoltà ad orientarsi nei nuovi scenari economici mondiali. È perciò prioritario predisporre una rete di consulenza per facilitare l'accesso delle imprese, particolarmente di quelle che hanno meno di 20 addetti, ai mercati di merci, capitali, tecnologie. Con un valore aggiunto manifatturiero, la Toscana è sicuramente tra le regioni più a rischio.

Nel territorio provinciale si concentrano le produzioni del sistema moda che comprende non solo: tessile, abbigliamento, calzature, ma anche l’oreficeria e gioielleria, settori manifatturieri che realizzano produzioni vicine al fashion per qualità estetiche e di design. E in totale questi pesano per il 42,8% sulla produzione manifatturiera, esportando merci per un totale di 9,8milioni di euro. Per quanto riguarda poi il settore agroalimentare, negli ultimi anni c’è stato un crescente apprezzamento dei prodotti locali certificati anche da parte degli acquirenti non italiani. In particolare il 20% delle aziende destina la propria produzione anche all'esportazione. Per il rafforzamento della filiera agroalimentare è necessario rimarcare la strategicità dell'export anche in considerazione della stabilità dei nostri consumi interni. Con il Made in Italy si intende ancora una volta dare una mano a tutte quelle aziende che vedono nelle esportazioni un’importante alternativa alla domanda nazionale.
‘Al Governo ed in particolare all’Ue viene chiesto di ripristinare la correttezza delle regole che governano gli scambi commerciali e le politiche di sviluppo – conclude Donati – Tra queste, l’etichettatura di origine comunitaria, l’applicazione del ‘Made in’ per tutti i prodotti importati nella Ue, procedure antidumping, tutelare cioè le nostre produzioni impedendo l’importazione di prodotti sotto costo, lotta alla contraffazione’.
Per quanto riguarda nello specifico il distretto orafo aretino rileviamo come con 1500 imprese attive di cui 1090 artigiane produca il 5,8% del PIL provinciale, garantisce il 40,4 % dell’export e rappresenta con circa 10.000 addetti il 22% degli occupati del settore manifatturiero.
E il richiamo del Made in Italy appare sempre più forte per molti paesi stranieri, tanto da poter sfruttare la grande opportunità dell’apertura al commercio estero, come già affermate aziende aretine di vari settori hanno sperimentato. E a dimostrazione dell’importanza dell’export e della ricettività dei mercati stranieri sta la grande ammirazione per il prodotto italiano da sempre sinonimo di gusto e creatività. Questione specifica per il comparto orafa argentiero risulta legata alla concorrenza dei Paesi Emergenti in generale e da questioni di carattere doganale che frenano le esportazioni in paesi quali ad es gli Stati Uniti, importante bacino di domanda per la nostra produzione interna. Una parentesi poi per quanto attiene al mercato europeo: la mancanza di marchiatura di origine per i prodotti provenienti dai paesi extraUE e gli ostacoli alla libera circolazione di fatto dovuta alle diverse regolamentazioni nazionali cui è assoggettata la commercializzazione del prodotto orafo argentiero, di fatto rende difficoltosa la valorizzazione e la distribuzione del prodotto italiano anche all’interno dell’Unione Europea.